Umani e animali nel mondo antico – Rivista Consumatori
Gli antichi greci e romani che rapporto avevano con i loro animali domestici? Ce lo racconta la professoressa Cristina Franco.
Indagare la relazione tra l’uomo e gli altri animali è un tema sempre attuale che talvolta porta ad accesi dibattiti, soprattutto quando si cerca di stabilire una scala di valori.
C’è chi pensa che gli animali, in quanto creature senzienti, dovrebbero godere di più diritti echi, invece, li considera al pari di oggetti a nostro uso e consumo. Se negli ultimi decenni hanno conquistato sempre più spazio nelle nostre vite, qual era il loro ruolo nelle società antiche?
Cristiana Franco è professoressa associata di Lingua e Letteratura latina all’Università per Stranieri di Siena ed è riuscita a unire l’interesse per il mondo classico con la passione per gli animali. «Dopo la laurea in Lettere classiche» ci racconta «ho iniziato a occuparmi di aspetti meno “classici”, più distanti dal nostro modo di pensare. Ho studiato antropologia per scovare nelle grandi opere di Omero, Virgilio e Ovidio le tracce su come le persone vivevano e i loro rapporti sociali. Ho poi cercato di conciliare il mio percorso con l’amore per gli animali, inaugurando in Italia, insieme a uno sparuto manipolo di altri avventurosi ricercatori, una “zooantropologia storica” – cioè lo studio delle relazioni fra umani e animali nel passato.»
Nell’antica Grecia e nell’antica Roma è corretto parlare di legami di affetto con i propri animali?
«Direi di sì, il cane, per esempio, era coinvolto in una vastissima gamma di relazioni e di spazi di interazione con l’uomo. Nella caccia, nella guardia al bestiame e alle proprietà, ma era anche un animale da compagnia, tenuto per puro scopo di divertimento e di scambio di affetto. Ci si aspettava che mostrasse una solidarietà pari a quella di un parente, o di un servo fedele: stima, lealtà e disponibilità alla cooperazione, ma anche riconoscimento della propria posizione subordinata e di docile remissività ai voleri del padrone. In cambio della subordinazione ai suoi voleri e del piacere procurato da un attaccamento esclusivo, il padrone si curava che l’animale godesse di buona salute e, se la famiglia era ricca, persino di agi, come avere degli schiavi in caricati di assicurargli cibo e luoghi confortevoli in cui riposare.»
Il mondo classico è ricco di letteratura che racconta le relazioni di affetto nei confronti degli animali. Il poeta romano Catullo, per esempio, scrisse un poema per la sua amante Lesbia, addolorata per la morte del suo passerotto.
Piangete, o Veneri e voi Amorini,
e quanti sono disposti all’amore.
È morto il passero alla mia ragazza,
il passero, tesoro della mia ragazza;
lei lo amava più dei propri occhi,
perché era dolce come il miele e la riconosceva
così come una bimbetta la sua mamma;
mai che si scostasse dal suo grembo
e, saltellando intorno qua e là,
cinguettava sempre, solo rivolto alla sua padrona.
Ora procede per una strada oscura,
là donde si dice che nessuno torni.
Maledizione a voi, maledette oscurità infernali,
che inghiottite ogni cosa graziosa:
un passero così carino voi m’avete rapito.
Che brutta azione! Che passerotto infelice!
Ora per colpa tua, gonfi di pianto, sono arrossati
gli occhi soavi della mia ragazza.
Questi versi esprimono sentimenti di profonda tenerezza nei confronti dell’uccellino.
«Oltre alle fonti letterarie» aggiunge la studiosa «è interessante analizzare anche quelle documentarie. Gli epigrammi sepolcrali, per esempio, ci raccontano che alla morte di cani, cavalli ma anche maiali spesso veniva dedicata loro una sepoltura ricca, a seconda delle disponibilità di ciascuno, dove sulle lapidi veniva espresso il dolore per la loro perdita.»
Studiare il mondo antico forse ci aiuta a vincere il pudore che tutt’ora si ha quando si parla di sentimenti nei confronti degli animali.
«Negli anni Novanta, quando ho iniziato a proporre questi studi» conclude Cristiana Franco «in ambito accademico ho incontrato non poche resistenze. Ma ora abbiamo giovani studiosi che portano avanti la disciplina con passione. Questo è il mio modo di contribuire alla causa del rispetto per gli animali: far in modo di ristrutturare la storiografia ufficiale, facendo spazio in essa al fondamentale ruolo, anche affettivo, che gli individui delle altre specie hanno svolto nel determinare le culture umane, nel renderci umani per come lo siamo diventati interagendo con il resto dei viventi del pianeta.»
Articolo di Silvia Amodio pubblicato sulla rivista Consumatori – edizione Lombardia di settembre 2019.