Una società giusta per uomini e animali – Rivista Consumatori

La convivenza è possibile, basta riconosce agli animali la loro capacità di provare emozioni e di scegliere ciò che li soddisfa.

La vita dell’uomo è legata aquella degli animali praticamente da sempre. Ma negli ultimi decenni sta raggiungendo livelli di  prossimità, di interdipendenza e anche di impatto reciproco mai raggiunti prima. Pensiamo agli animali da compagnia, ormai entrati a milioni nelle famiglie del mondo e a quelli, innumerevoli, utilizzati nella catena alimentare e nel sistema della ricerca. Consideriamo anche quelli selvatici, che vivono in ambienti teoricamente ancora naturali dove, però, l’uomo non ha evitato di lasciare la sua impronta. Abbiamo condiviso questa riflessione con Paola Fossati, medico veterinario, docente di Diritto veterinario presso l’Università degli Studi di Milano.

«Il punto è che questa miriade di relazioni che si sviluppano quotidianamente ha un unico denominatore comune: sono tutte sostenute
da un’etica che riguarda in primis l’uomo. È così scontato poter disporre degli animali, fosse solo per ricavarne affetto, che difficilmente si pensa alle implicazioni che ciò comporta per loro. Anzi, spesso non si esita a evidenziare che gli si offrono benefici, come quello di risparmiare la fatica di trovare cibo, ricovero e cure, tralasciando ovviamente la contropartita richiesta in termini di sacrificio: della libertà, dell’espressione del comportamento di specie, della sessualità, in molti (troppi) casi della vita stessa.»

Ma non pensa che qualcosa stia iniziando a cambiare? Un modello di società giusta è quello in cui l’uomo riconosce agli animali le loro capacità cognitive e sensoriali, quelle di percepire emozioni, gioie, dolori, di avere interessi e di scegliere ciò che li soddisfa. Gli argomenti che già esistono a favore di questa svolta sono tanti e convincenti: vengono dalla scienza, dall’etica e dalle discipline spirituali che sottolineano l’insensatezza della sopraffazione.

È possibile che questa consapevolezza apra nuovi dibattiti sull’opportunità di parlare di «diritti» anche a proposito degli animali?

Sì, è il momento di chiedersi se anch’essi possano averne, chi debba garantirne il rispetto e che limiti si debba porre l’uomo nel trattare le specie animali non umane in maniera utilitaristica. Nella pratica, si tratta di vederli per quello che sono e non per quello a cui servono. Per chi e non per cosa sono, e riconoscere il loro valore intrinseco e la condizione di esseri senzienti davanti alla legge.

Questo sarebbe già un grosso passo avanti, ma manca ancora, però, il passaggio alla dimensione giuridica. Esattamente, è quello che potrebbe elevare gli animali dalla condizione di oggetti allo status di soggetti, titolari di diritti. Molti miglioramenti sono stati apportati alle norme di tutela animale. Tuttavia, la visione antropocentrica è sempre d’ostacolo all’evoluzione completa dell’approccio legislativo, anche in un’epoca in cui si sta affermando un pensiero biocentrico, che vuole accrescere il rispetto per tutte le forme di vita presenti sul pianeta. La revisione costituzionale, che presto integrerà la tutela degli animali nel novero dei principi fondamentali dello Stato, potrà giovare alla
causa dell’affermazione della soggettività animale. Speriamo non rimanga una formulazione astratta.

Dobbiamo imparare a esplorare una nuova dimensione, quella che ci libera dagli schemi, dalle classificazioni e dai preconcetti. Dobbiamo
predisporci ai cambiamenti, nella direzione di un benessere collettivo, che comprenda anche quello di tutti gli animali.

Articolo di Silvia Amodio pubblicato sulla rivista Consumatori – edizione Lombardia di dicembre 2021.

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