HumanDog 2024 – Rivista Consumatori
Alimenta l’Amore festeggia la 10a edizione con l’attesissimo appuntamento al Castello Sforzesco per la mostra (dal 28 settembre al 28 ottobre) dei ritratti scattati da Silvia Amodio
«Il rapporto con il cane rappresenta uno dei fondamenti dell’umanità, e solo il nostro atteggiamento antropocentrico non ci permette di riconoscere che accanto alla pietra scheggiata, al fuoco, al linguaggio e allo sviluppo della tecnologia, un ruolo centrale nello sviluppo e nell’affermazione della nostra specie l’ha avuto proprio il cane. La sua tendenza alla collaborazione e a porsi come ausiliario nelle società paleolitiche ha consentito all’uomo di adattarsi e risultare vincente in tutto il pianeta, colonizzando anche territori altrimenti ostili e inadatti alla nostra sopravvivenza.»
Inizia così il saggio che Roberto Marchesini, etologo, filosofo e direttore della Scuola di Interazione Uomo-Animale (SIUA), ha scritto per il catalogo HumanDog Alimenta l’Amore 2024.
Questa decima edizione ha visto sfilare sul set fotografico, allestito a fine giugno al Castello Sforzesco di Milano, non solo i cittadini con i loro animali d’affezione, ma anche le forze dell’ordine che nello svolgimento delle loro mansioni sono accompagnate dal cane. Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Unità Cinofila antiveleno dei Carabinieri Forestale, Polizia Locale, Vigili del Fuoco, Croce Rossa Italiana, Protezione Civile, Scuola Italiana Cani da Salvataggio (SICS) hanno uno spazio speciale in questo catalogo.
Le fotografie di questo articolo sono le «seconde scelte», le meno posate ma, forse, quelle che descrivono meglio una relazione profonda e antica, come ci racconta il professore.
«Con l’avvento del Neolitico, il cane ha saputo affiancare l’essere umano in tutte le attività che si andavano apprestando, non più solo nella caccia, ma altresì nella pastorizia e nella difesa degli accampamenti. Le molteplici doti di questi primi cani hanno permesso in seguito di selezionare diverse razze dotate di attitudini e vocazioni specifiche, in grado quindi di presentare doti morfologiche e comportamentali ottimali per lo svolgimento di varie attività. Non possiamo, per esempio, pensare alla pastorizia senza prendere in considerazione l’ausiliarità del cane nei compiti di guardiania e conduzione.»
Se il legame con il proprio animale, anche sul set, è evidente e qualche volta buffo, quello tra il cane e il conduttore è ancora più palpabile, perché in questi casi la coppia ha uno scopo preciso, lavorare insieme per raggiugere un obiettivo. E non c’è niente che piaccia di più a un cane che passare del tempo insieme al suo umano preferito.
«Inutile ricordare le capacità olfattive, che hanno permesso alla nostra specie di inseguire e trovare un target partendo da tracce che altrimenti sarebbero state completamente nascoste al nostro odorato; anche in questo caso si sono potute selezionare razze ad alta capacità di ricerca. Oggi questi cani aiutano l’azione delle forze dell’ordine in una moltitudine di attività che vanno dalla ricerca di persone alla capacità di rintracciare sostanze stupefacenti o esplosivi. Attualmente l’olfatto del cane è addirittura utilizzato per il monitoraggio di alcune patologie, in relazione al fatto che per esempio cellule neoplastiche o alterazioni endocrine producono particolari variazioni chimiche rintracciabili.»
Ogni caratteristica canina si è rilevata utile per consacrare questo legame. La sua tendenza a conformarsi al nostro stile di vita e l’addestrabilità ai più svariati compiti, ha fatto sì che tra essere umano e cane si potesse sviluppare una straordinaria alleanza, sottolinea lo studioso.
«Anche l’udito del cane ha avuto una rilevanza nell’affermazione dell’uomo, soprattutto nella capacità di fare la guardia notturna. La sua attitudine comunicativa ci ha consentito di avere un compagno unico che ci avvisasse sia dei pericoli sia delle opportunità.»
Il set in questi dieci anni si è rivelato uno spaccato zooantropologico che restituisce un’immagine fedele del nostro rapporto con l’alterità animale. E non sempre è tutto rose e fiori, in questo lungo lasso di tempo ho registrato un grande amore nei confronti dei propri ani – mali e una profonda rivoluzione culturale, dove anche alcune specie da reddito si sono elevate ad animali d’affezione. Tuttavia, mi rendo conto, da questo punto di vista privilegiato, che molti aspetti di questa relazione devono essere rivisti. Troppo spesso si prende un cane per seguire le mode, e in alcuni casi questo diventa un problema, basti pensare ai numerosi molossi ceduti (nella migliore delle ipotesi) ai canili o alle razze, o mix di razze, da lavoro che patiscono la vita in appartamento, se non viene loro dedicato ogni giorno del tempo. Un tema, da approfondire a parte, riguarda le staffette che portano i cani dal Sud al Nord Italia. Studi etologici recenti dimostrano che alcuni soggetti, abituati da generazioni a vivere liberi in branco per strada, non sempre si ambientano in un contesto cittadino.
Infine, gli animali vanno amati e rispettati profondamente ma non trattati come fossero bambini.
«È un errore mortale antropomorfizzare il cane, cioè volerlo snaturare per trasformarlo in quello che non è, come per esempio capita ai giorni nostri quando si pretende che il cane diventi il surrogato di un figlio. Se è vero che la sua diversità non è assoluta, perché tanti sono i punti di sovrapposizione tra noi e lui, è altrettanto vero che la sua diversità è comunque rilevante, e se il cane si è imposto nelle società umane apportando un valore insostituibile è proprio grazie a questa diversità. Non dobbiamo perciò perdere questa consapevolezza, perché altrimenti rischieremmo di perdere con lei il valore del cane.»
Articolo di Silvia Amodio pubblicato sulla rivista Consumatori – Edizione Lombardia di ottobre 2024.